Quel “vuoto” da riempire che abbiamo

racconto#4

Author:Sante Paolacci

Category:Storie

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Mia moglie è con Martina, mia figlia, nella casa al mare di Montalto Marina, mentre io al secondo giorno di ferie scendo alla stazione di Rieti dopo quasi tre ore di viaggio. Sono partito all’alba da Roma per venire qui, a casa dell’ultima superstite di quella che era la mia famiglia, la zia Franca, sorella di mia madre. E’ morta due anni fa. Ho venduto la sua casa e ora mi chiedono di svuotarla. Quest’anno non ho potuto rimandare e ci ho rimesso così qualche giorno di ferie.  Quando è morta, sono riuscito a malapena a venire al suo funerale. Eravamo in cinque: io, mia moglie, mia figlia, il prete e una signora anziana, una di quelle che non se ne perde uno di trapasso. Per devozione forse, o per abituarsi all’idea. Un po’ come quando si va a vedere gli esami degli altri all’Università per esorcizzare la paura e prendere confidenza con la materia.

Quel giorno ero venuto soltanto in chiesa senza passare da casa, da questa casa in cui ho passato tutte le estati da bambino. Qui mia madre mi lasciava con mia zia per tre mesi visto che lei doveva lavorare e non sapeva a chi altro affidarmi. Mio padre se n’era andato già da un pezzo. Ci stavo bene in questo posto.  Mi ricordo che volevo sempre annaffiare i pomodori nell’orto così con la scusa potevo bagnarmi da capo a piedi. Ricordo la bicicletta con le marce che a Roma non avevo mentre qui potevo girare fino a ora di cena. “Io sto bene anche da sola, ma quando vieni tu, certo, sto meglio” mi diceva mia zia mentre la sera guardavamo la tv. Giro lo sguardo lentamente sugli oggetti per non perdere i ricordi.  Il tavolo della cucina è lo stesso di allora, così come i mobili intorno. I barattoli di marmellata sono ancora lì. Anche quello grande, quello “reale” come lo chiamavamo io e la zia, è ancora lì. Da sempre lassù, in alto sopra la dispensa. All’epoca nemmeno se avessi preso una sedia avrei potuto raggiungerlo. Il barattolo “reale” era coperto con un’etichetta enorme da oscurarne il contenuto. Un’etichetta sbiadita e illeggibile già allora. Chissà come doveva essere buono quello che c’era dentro al barattolo “reale”.

Apro le finestre. La puzza di chiuso è forte, ma riesco a percepire gli odori intatti nel tempo, dove tutto è rimasto immobile mentre la mia esistenza si riempiva di vita. Nessuno qui sa nulla della mia laurea, del mio lavoro, di mia moglie, della mia amante, di mia figlia, dei miei impegni e delle mie paure.

Guardo il barattolo “reale” illuminato dalla luce che entra da fuori. Ora posso prenderlo. Con una sedia posso arrivarci. Ne sfilo una da sotto il tavolo, mi assicuro che possa reggermi e salgo. Non l’ho vista mai da quassù questa casa. Ho iniziato a vederla dal basso e vederla da qui oggi mi sembra il giusto finale di una storia. Allungo la mano e con attenzione prendo il barattolo “reale”. Il barattolo “reale”. È leggero di una leggerezza che improvvisamente mi delude provocandomi una voragine nello stomaco. Rimango un istante con questo contenitore in mano che ora non è più così grande. Lo apro. Guardo dentro. E’ vuoto. Tanto vuoto. Ma avvicino il naso istintivamente e intercetto un vago ricordo di vaniglia. La marmellata di fichi e vaniglia. Non l’ho più mangiata. Sento ora i rumori di quella casa, le pentole di mia zia, un Varietà alla tv, l’odore di quelle estati e le telefonate di mia madre. Guardo il barattolo “reale” tra le mie mani che iniziano ad essere stanche di quel peso. Quel barattolo è pieno. Tanto pieno.

Squilla il telefono, forse è mia moglie ma non ho voglia di rispondere. Spengo mentre decido che qualche giorno lo passerò qui, da solo, a farmi compagnia.

 

(La foto “Barattoli” è di Diego Spagnolini)

7 comments
  • Germana
    Posted on 1 Agosto 2016 at 18:09

    Come fai a conoscere così bene la nostalgia ,
    Bellisso e struggente. Bravo

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  • Sara
    Posted on 30 Agosto 2016 at 14:32

    Uno spaccato che sa di Profumo e di ricordi

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  • FRancesca n.
    Posted on 23 Ottobre 2016 at 2:48

    Bellissimo racconto.. i miei pensieri hanno preso Forma..sono le stesse emozioni e sensazioni che provo quando vado a casa dei miei nonni..visto che ancora oggi, vado a fRugare di nascosto in quei postI che da piccola erano “proibiti” alla riCerca di quAlcosa di speCiale..
    In bocca al Lupo..e graZie! 🙂

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  • Loredana
    Posted on 29 Agosto 2017 at 7:08

    Quante emozioni rivivono in poco spazio. Mi piace molto il modo di scrivere.

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  • Tiziana
    Posted on 29 Agosto 2017 at 7:41

    Con QUESTO racconto hai trasmesso tutte le emozioni e il tempo trascorso tra zia e NIPOTE. Bellissimo.

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  • Francesca barbaranelli
    Posted on 4 Aprile 2020 at 17:40

    Quando sono triste, quando ho paura, ripenso alla mia infanzia, quando TORNAVO la sera a casa con mia madre. Rivedo la strada SELCIATA e le antiche case e più avanti rivedo la mia modesta CASA costruita negli anni cinquanta. È laggiù, appena aldilà della strada statale. Ed ecco che mi tranquillizzo. Un po’ come rivedere il barattolo di Marmellata. Sei Bravissimo Sante, ricordare È riportare AL Cuore la vita passata.

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  • Annarita
    Posted on 16 Agosto 2020 at 10:56

    Mi sono emozionata ,in un barattolo un pezzo di vita

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