Molestia

Racconto#21

Author:Sante Paolacci

Category:Storie

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Sono appena uscito dal camerino, mi sono struccato e asciugato alla meglio dal sudore dello spettacolo, con la soddisfazione di aver fatto il mio nel mestiere più bello del mondo. Gli altri sono già nel foyer a ricevere commenti e complimenti.  Io sono sempre l’ultimo a uscire per via del trucco, e così, spesso mi perdo qualche lusinga che ovviamente anche a me farebbe piacere.

La maggior parte dei miei colleghi è intorno a uomo in giacca e cravatta che enfatizza ogni parola che sembra più attore lui di noi. Lo riconosco. È un ex ministro di cui sul momento non ricordo il nome, ma lo avrò visto mille volte in televisione. Mi avvicino ai colleghi intenti ad ascoltarlo o a compiacerlo, non si capisce. Improvvisamente l’onorevole mi nota dietro le teste degli altri, poi stende il braccio nella mia direzione come a chiamarmi. Mi avvicino e penso che un uomo così importante che mi vuole salutare, non mi era mai successo. Chissà quando lo racconterò a mio padre, lui che mi sa lo ha pure votato.

Gianluca, il mio collega, con cui condivido gran parte delle scene nello spettacolo, mi strizza l’occhio mentre passo dietro al gruppo per raggiungere l’onorevole. Dovrò chiamarlo onorevole? O forse Presidente? Dottore? No, non c’è bisogno perché fa tutto lui. Come un presentatore mi stringe una spalla e mi presenta alla platea che già conosco come “il migliore” e poi come “l’adorabile furbetto” solo per aver saltato qua e là sul palco e aver preso un paio di risate, aggiungo io. I miei colleghi, da attori quali sono si trasformano in un pubblico perfetto e allora via con l’applauso e anche qualche urletto.

Nessuno si accorge di nulla.

Il calore dell’onorevole showman diventa ghiaccio quando la sua mano scende dietro alla mia schiena fino a dentro i pantaloni. È scaltro come un ladro oltre ogni elastico impedimento. Lo odio mentre tutti lo adorano. Il soffitto crolla. In un attimo è addosso a me. Passano i minuti, le ore, lui mi guarda mentre io sto sotto i calcinacci. Lo vedo tra i frantumi di cemento. Ha il bagnaticcio lucido sotto il naso e soffia alito verso di me.

Mi sfilo dalle macerie come un superstite in cerca di aria. Mi sento sporco di polvere e sudore. Non ricordo chi viene a salvarvi. Vedo solo una nebbia irrespirabile. Non riconosco nessuno mentre tutti ridono. Ma d’un tratto sono libero almeno da quella mano, ma non dallo schifo. Riprendo aria con tutta la forza che ho. Un altro secondo e sarei morto lo so.

“Daje che hai svoltato” mi dice Gianluca, “ma lo sai chi è quello? Quello se decide che devi diventa’ famoso, domani sei su Raiuno in prima serata”.

“Ma mi ha messo una mano nelle mutande!”

“Embè, so’ occasioni che non capitano a tutti.”

“Ma è un vecchio e puzza pure!”

“Ma avrà sì e no sessant’anni. Non puoi dire che non è un bell’uomo.”

“Va beh Gianlu’ vuoi andarci te?”

“Eh Madonna, ma al paesello tutte santamariagoretti siete?”

“Gianluca, ma che c’entra. Se permetti decido io da chi farmi mettere una mano sul culo, no”?

“Ammazza quanto te la tiri. Sei caruccio, ma mica sei Brad Pitt”.

L’ onorevole scende le scale del teatro mentre fuori della porta c’è qualche fotografo che lo aspetta. Stringe le mani a un paio di signore e poi entra dentro un taxi che lo porta via.

Cammino su via Nazionale per andare a prendere la metro. Ho voglia di lavarmi e di gridare.

Squilla il telefono, è mio padre.

“Com’è andata? Ho visto il servizio del Tg, ma sbaglio o c’era l’ex ministro…

“Sì.”

“E lo hai salutato?”

“No, c’era troppa gente.”

“Peccato, deve essere proprio una brava persona ve’?”

Metto una mano in tasca come a toccare una ferita, e invece trovo un cartoncino. È il suo biglietto da visita. Della scritta in corsivo elegante ci sono le iniziali o e n come onnivoro e onnidistruttivo, e poi il nome innominabile.

“È una brava persona, ve’?”

No, è un viscido che approfitta del suo ruolo per adescare ragazzi possibilmente con un sogno da realizzare. È un uomo potente per cui non basta una denuncia, ma serve un comitato di vittime per riuscire forse a muovere la macchina della giustizia, sperando poi che l’autista della macchina non sia un suo compagno di giochi. È un vigliacco molesto, papà.

Avrei voluto dire e invece mi vergognai come se il colpevole fossi io. Non feci nulla e di questo non mi perdono ancora.

Foto di G-rom Flayosc (Flick)

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