Distanziati e allineati come i soldati del Terzo Reich, ero seduto tra i banchi, nel corridoio della scuola. Non c’ero mai stato seduto lì, dove tutto era lontano, il distributore di merendine, quello del caffè e pure la bidella.
Era un autobus di muri in partenza nel caldo letale di Giugno. La commissione stava giù sul fondo ed io da dov’ero forse, potevo anche copiare, ma poi vidi che a destra c’era Andrea Nacci, che non ti diceva nemmeno la data del giorno se gliela chiedevi, e a sinistra c’era quella gnocca di Pamela Borzetti, che non sapeva la differenza tra l’Estetismo di D’Annunzio e l’estetista sotto casa.
Si aprirono le buste del Ministero e solo allora capii cosa provava mia madre quando guardava i quiz su Raiuno. Quella era tensione vera, ragazzi. Scelsi Ungaretti, il poeta che andò in Guerra e soprattutto quello che scriveva corto. Ermetico si dice. Le finestre aperte ripulivano l’aria ma non la tensione indistinta di bulli, secchioni e sfaticati.
Non so come, ma riuscii a dire un sacco di cose su quelle quattro righe. Un po’ inventai. Poi pensavo a Lorenzo, che avrebbe fatto il barista per tutta l’estate per andare a Berlino. Pensavo a Mattia, che aveva già fatto il test di Medicina a Padova. Pensai a Lisa, che sarebbe andata a Londra a studiare Biologia lasciandomi lì dopo due anni di sesso e promesse in macchina. Pensavo a loro, che sembravano tutti più maturi di me. Loro sembravano sapere cosa volevano. Io no.
Consegnai il compito chiedendo scusa a Ungaretti per tutte le cazzate che potevo aver scritto su quei fogli, poi le altre prove di Giugno e finalmente gli orali.
Il 3 Luglio alle 12 e 15 ero maturo, lo diceva la Repubblica Italiana.
Oggi, dopo anni alla facoltà di Lingue e un po’ di vita spesa per quello che bisogna fare, sono al secondo piano di un vecchio edificio di Provincia. E’ estate e fa troppo caldo. Apro le finestre. Mi manca l’aria.
Penso a Lisa, a suo marito e a suo figlio che sono appena arrivati per le vacanze. Penso ad Ungaretti, a quel senso di precarietà nei suoi versi che allora non capivo nemmeno a metà. Quello stare sugli alberi le foglie non l’avevo mai visto prima così da vicino. Mi tremano le gambe, non mi ci abituerò mai.
Suona la campanella, respiro piano mentre entrano i ragazzi. Mi chiameranno Prof perché ora tocca a me. Docente precario alla Maturità 2019.
One comment
eliopietroromolo ferri
Posted on 12 Giugno 2016 at 11:31Bella ,gradita, scorrevole, descrizione di alcuni tuoi, “tempi scolastici” dove alla realtà del momento, rammenti i tempi di un passato, poco remoto, pieno di significative ricorrenze , ricordi , come “soccorso” alla tua logica “paura”!. dettata da un avvenimento, del quale oggi ne assumi anche , perché no, un certo gradito ricordo. L’immediato passaggio (così come descritto) da alunno a professore , assorbe nel suo essere,, come la vita tracciata nel e dal tempo possa trascorrere in così molto “breve” periodo! Il tutto da me letto in un attimo, segno e segnale di piacevole interesse. Bravo, dunque,, nel e con l’augurio di una tua realizzazione, al quanto i tuoi sogni, desideri, traguardi, si ispirano! ElioPietroRomolo Ferri Vetralla, Cura, 12/06/2016